Mercoledì 5 agosto è stata presentata a Venezia la nuova ala dell’Hotel Santa Chiara, albergo che si affaccia sul Canal Grande, il principale canale che attraversa Venezia. Si tratta di un ampliamento di una struttura che esiste da più di 500 anni; è stato presentato dopo 5 anni di lavori e molto criticato da veneziani, giornalisti e architetti. L’edificio storico in cui si trova l’Hotel Santa Chiara fu costruito nel XVI secolo per ospitare il Monastero delle Monache di Santa Chiara, da cui ha preso il nome. Gran parte del monastero fu demolita, a eccezione dell’area che da alcuni decenni ospita l’hotel, oggi di proprietà di Elio Dazzo. Parlando della nuova ala, Dazzo ha detto: «Mi sembra un’opera semplice, pulita, che non disturba». Lo stesso ha detto che il progetto iniziale era diverso da quello poi realizzato: «C’erano le formelle di vetro ma poi ci hanno detto di toglierle. Mi rendo conto che il risultato è un po’ d’impatto, certo, ma va capito. La Sovrintendenza che l’aveva approvato ha poi chiesto che fosse tutto di marmo, quindi c’è stato un cambiamento in corso d’opera. Noi abbiamo soddisfatto le richieste». Sono bastate poche ore senza impalcatura per far scoppiare la polemica. Un parallelepipedo unico, bianco, spezzato solo dalle finestre ha fatto capolino dai teloni e costituirà di fatto la seconda parte dell’albergo con 19 nuove stanze. Probabilmente gli architetti volevano riprendere le architetture vicine: dal garage alla stazione ferroviaria, ma così facendo «spezza» in modo deciso con la parte storica dell’hotel. Tant'è che in molti sui social network si sono lasciati andare in una sequela di giudizi negativi contro gli architetti e la Sovrintendenza. Ovunque a Venezia è impossibile fare modifiche estetiche, anche a palazzi non di pregio e in zone seminascoste, mentre in uno dei punti più frequentati del centro storico è stato concesso tutto questo. Fin dall’ossatura, fatta di pilastri in acciaio per non sbilanciare il ponte di Calatrava, in realtà il Santa Chiara bis aveva fatto storcere il naso a molti. Per calmare le acque il proprietario aveva rassicurato tutti parlando di un edificio pensato nel rispetto di Venezia. Ben più di una semplice polemica è invece l’intervento di Vittorio Sgarbi, che dopo aver visto il manufatto inneggia alle dimissioni di Renata Codello (trasferita alla Sovrintendenza di Roma). «Parlerò al ministro — dice Sgarbi — dovrebbe dimettersi ovunque sia. Quello che ha fatto e che ha fatto la commissione di salvaguardia è una cosa grave per l’immagine della città. L’unica cosa positiva è che sono concentrate nello stesso posto tutte le brutture di Venezia: dall’inutile ponte di Calatrava al palazzo di Giustizia». Interviene lo scrittore Alessandro Marzo Magno : «Cari architetti siete orgogliosi del vostro contributo dato alla città? Siete orgogliosi che il vostro edificio affianchi idealmente quelli di Palladio, Sansovino e Longhena? La nuova ala dell’hotel Santa Chiara merita un posto nella storia dell’architettura mondiale». Suggerimenti? Li dà Sgarbi: «Forse si potrebbe ricoprirlo d’edera o farlo dipingere dai writers». È esplicito l’attuale rettore di Architettura, Amerigo Restucci, storico dell’Architettura del paesaggio: «La volumetria dell’edificio è eccessiva» spiega «e la dissonanza con l’altra ala dell’hotel Santa Chiara, pure non memorabile, ma in linea con l’architettura veneziana, è stridente. Se la scelta, invece, è stata quella di realizzare un’opera di nuova architettura, bisognava evidentemente affidarsi ad altri interpreti e ad altre sensibilità, per forme e materiali. Quelli qui adoperati, andrebbero bene per l’ampliamento di una scuola media dell’hinterland milanese. Ci toccherà tenercelo e forse bisognerebbe suggerire alla prossima Biennale di Architettura l’idea di lanciare un concorso di idee tra giovani progettisti per chiedere come “mimetizzarlo”».
Si è sempre dato per scontato che Venezia è la città ideale per una luna di miele, ma è un grave errore.
Vivere a Venezia, o semplicemente visitarla, significa innamorarsene e nel cuore non resta
più posto per altro.
Peggy Guggenheim
Vivere a Venezia, o semplicemente visitarla, significa innamorarsene e nel cuore non resta
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